L’arte di viaggiare di Alain de Botton

Ne L’arte di viaggiare (edito da Guanda con la traduzione di Anna Rusconi), l’autore Alain de Botton trasforma artisti, scrittori e filosofi in compagni di viaggio con cui andare alla scoperta concettuale dell’arte di viaggiare: con serietà e leggerezza, il percorso personale si affianca e si intreccia ad una illustre precedente esperienza; il luogo non coincide sempre perché il filo conduttore è rappresentato dalla tematica affrontata; e così un viaggio per l’isola di Barbados dell’autore si rivela un’occasione per parlarci del romanzo Controcorrente (1884) in cui J.K. Huysmans ci presenta il suo protagonista pronto per  un’imminente partenza per Londra eppur dubbioso, riflettendo in maniera pessimistica sulla «relazione tra l’aspettativa del viaggio e la sua realtà», che si risolve secondo de Botton smettendo di avvertirla deludente e definendola semplicemente diversa. arte-di-viaggiareMeditando invece sui luoghi di transito e i mezzi di trasporto, i due compagni ideali che l’autore rievoca sono lo scrittore francese Charles Baudelaire ed il pittore americano che a lui si è ispirato, Edward Hopper: del primo T.S. Eliot in un saggio a lui dedicato, disse che «era stato il primo artista del diciannovesimo secolo a dar voce alla bellezza dei luoghi di transito e dei mezzi di trasporto moderni», affermando che «Baudelaire ….ha inventato un nuovo tipo di nostalgia romantica»; lo scrittore si era sempre sentito fortemente attratto da porti, stazioni ferroviarie, stanze d’albergo, treni e navi, «perché si sentiva più in pace con se stesso nei luoghi di transito che tra le mura di casa». Nella sua prima esperienza parigina (1906) Hopper venne in contatto con la poesia di Baudelaire con cui tra l’altro condivideva «un particolare interesse per la solitudine, la vita urbana, la modernità, i luoghi di viaggio e il sollievo portato dalla notte». Fra i mezzi di trasporto amati c’è il treno e poiché i viaggi sono «levatrici di pensiero», quest’ultimo sembra rappresentare «l’ausilio migliore»: i suoi panorami «si muovono con la rapidità sufficiente […]. Al termine di ore di trasognamento ferroviario avremo forse la sensazione di tornare in noi stessi, in altre parole di tornare in contatto con emozioni e idee importanti». Fra le motivazioni del viaggiare che de Botton analizza per noi, si sofferma soprattutto sul senso dell’esotico e attraverso l’esperienza di Flaubert in Egitto e la propria ad Amsterdam, ce ne rivela l’aspetto saliente sintetizzando: «ciò che all’estero ci appare esotico può essere semplicemente ciò che a casa aneliamo già, ma invano». Ci spinge a viaggiare anche la curiosità il cui compito è renderci consapevoli di «crescere da un passato come eredi, fiori e frutti» (Nietzsche): un turismo che non sia una mera raccolta di dati e di informazioni o una lista di luoghi da vedere e da spuntare;  l’autore a tal proposito ripropone le parole di Goethe: «Del resto mi è odioso tutto ciò che mi istruisce soltanto, senza accrescere o vivificare immediatamente la mia attività». Viaggiare spesso è un ritorno al paesaggio e alla natura e de Botton raccontando i giorni trascorsi al Lake District sulle tracce del poeta William Wordsworth afferma: «gli scenari naturali hanno il potere di evocare particolari valori – le querce la dignità, i pini la risolutezza, i laghi la calma – e di ispirarci quindi, in modi assai sottili, la virtù». Le esperienze intense a contatto con la natura venivano definite da Wordsworth le «geografie del tempo» che il poeta spiegò con queste parole: «Esistono nella nostra vita geografie del tempo che con netta preminenza conservano una forza rinnovatrice…che penetra, che ci permette di salire, già alti, ancor più in alto, e ci solleva quando cadiamo». La ricerca invece di paesaggi estesi, grandiosi, incontenibili, come può essere l’esperienza dell’autore nel Sinai è dovuta al bisogno di sentirsi piccoli e di voler affrontare un’esperienza trascendentale: è il nostro modo per cercare e trovare il sublime.  Attraverso l’arte possiamo aprire gli occhi su scenari e squarci naturali altrimenti ignorati, e così l’esperienza di Van Gogh in Provenza è una traccia su come educare lo sguardo al particolare, alla luce, alla natura in movimento. Osservare in maniera più consapevole per apprezzare e possedere la natura. Educarci in tal senso disegnando o descrivendo a parole le nostre esperienze, gli unici espedienti che abbiamo per interiorizzare e possedere definitivamente queste nostre esperienze di viaggio. E al ritorno posare lo sguardo sui luoghi oramai noti con la curiosità del viaggiatore: il quotidiano non deve annoiare, ma si può apprendere ad apprezzare tanti particolari sin a quel momento ignorati, compreso il cielo, che varia ogni giorno e a cui spesso non dedichiamo nessuno sguardo consapevole. L’arte di viaggiare di de Botton è una bella esperienza di lettura a cui non si può proprio rimanere indifferenti: una volta concluso il libro anche solo la prima passeggiata vicino casa si trasforma in un nuovo viaggio.

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