La casa di Thomas Mann a Los Angeles. Storia di un esilio

È notizia di qualche mese fa l’acquisto da parte del Governo tedesco della casa americana in cui visse Thomas Mann negli anni del suo esilio negli Stati Uniti, durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del 1936, dopo aver preso ufficialmente posizione contro il nazionalsocialismo e dopo aver chiarito le sue opinioni, sebbene fossero ai più già note, Mann fu privato della cittadinanza tedesca.  In una lettera a Hermann Hesse del 9 Febbraio di quell’anno lo scrittore ebbe modo di spiegare:

«Dovevo una buona volta scoprire le mie carte in maniera inequivocabile: l’ho fatto per il mondo esterno, in cui ancora dominano varie interpretazioni confuse e ambigue circa i miei rapporti con il Terzo Reich, e anche per me stesso, poiché da gran tempo ne avvertivo la necessità interiore.[…] Ora che ho detto quanto avevo da dire, il mio comportamento rimarrà immutato: continuerò a fare il mio lavoro e lascerò che sia il tempo a confermare la mia predizione (assai tardiva) che dal nazionalsocialismo non può derivare nulla di buono. Ma la mia coscienza si sarebbe sentita a disagio di fronte al mondo contemporaneo se non avessi formulato una tale predizione». Da lì a poco maturò in Mann l’idea di trasferirsi negli Stati Uniti. Accettò una cattedra presso l’Università di Princeton e tenne conferenze in diverse città americane.

Il 13 Luglio 1941 Thomas Mann, stabilitosi a Pacific Palisades, una località nei pressi di Los Angeles, scrisse a Hermann Hesse una lunga lettera in cui fra l’altro leggiamo:

«[…] il clima dell’Est americano, con la sua umida calura estiva (che proprio quest’anno sembra essere insopportabile) e i suoi venti polari in inverno, non lo reggevo proprio più; e poiché per un europeo l’alternativa è New York e dintorni oppure questo secondo centro culturale nell’Ovest, Los Angeles e i suoi annessi, abbiamo deciso di levar le tende da Princeton e di stabilirci qui, affittando per ora una casetta confortevole situata in una bella zona rurale, vicino al mare e a venticinque minuti di auto da Hollywood. Siamo persino in procinto di costruirci una casetta di nostra proprietà su un appezzamento di terra situato poco distante che acquistammo già l’estate scorsa. Qui sono rapidi, in tre mesi, con legno e cemento costruiscono qualcosa di molto accogliente e dotato di ogni comfort moderno. La posizione è bellissima, su una collina, con vista sul Pacifico e sulle montagne; il terreno è costellato di alberi di limone e di sette palme, da qui anche il nome a cui abbiamo pensato, Seven Palms House».

hesse_mann_carteggioQualche mese dopo, il 15 marzo 1942, in un’altra lettera indirizzata a Hesse, Mann racconta:

«[…] dopo essermene a lungo privato, la mia biblioteca – nella misura in cui esiste ancora ed è stato possibile ricostruirla – mi circonda nuovamente con visibile organicità nella nuova casa di nostra proprietà che abitiamo da alcune settimane, e così mi è capitato tra le mani un volumetto da Lei curato sedici anni fa: la vita e il pensiero di Schubart […]

Ci rivedremo, caro Hermann Hesse? Quaeritur. Rivedrò l’Europa? Dubito.  E in quali condizioni la rivedremmo, dopo questa guerra, la cui conclusione mi sembra assolutamente imprevedibile, irrazionale, irrealizzabile? Ma non parliamo di questo da un continente all’altro! Nel frattempo porteremo a termine il nostro compito con straordinaria tenacia, non è vero? […] Io lo faccio in condizioni esterne favorevoli, delle quali non posso cessare di dirmi grato: non ho mai avuto uno studio più bello, e vorrei che vedesse il paesaggio che circonda la casa, con la vista sull’oceano, il giardino con le palme, gli olivi, gli alberi, del pepe, i limoni egli eucalipti, i fiori lussureggianti e il prato, già pronto per essere tagliato qualche giorno dopo la semina. Provare sensazioni di serenità non è poca cosa in tempi simili; il cielo qui è limpido quasi tutto l’anno ed emana una luce incomparabile che abbellisce ogni cosa».

In questa casa Thomas Mann lavorò al suo Giuseppe e scrisse L’Eletto;  accolse con non celato stupore illa-mhamilton-1479709745-snap-photo romanzo dell’amico Hesse Il giuoco delle Perle di vetro e per l’ennesima volta scoprì nel collega affinità quasi imprevedibili vista la loro riconosciuta diversità; in particolare l’8 aprile del 1945, in una lettera scritta nella sua casa di Pacific Palisades, Mann commentò: «[…] Uno dei sentimenti che il Suo libro ha suscitato in me è stato lo sbigottimento per una vicinanza e un’affinità che altre volte mi aveva colpito, però mai in modo tanto preciso e tangibile. Non è sorprendente che da tempo immemorabile, già dalla fine del mio periodo orientale, io lavori a un romanzo, un vero libriccino, il quale non solo ha la forma della biografia, ma tratta anch’esso di musica? Esso reca il titolo: Doctor Faustus. La vita del compositore tedesco Adrian Leverkühn narrata ad un amico». 

La villa di Thomas Mann, dall’alto valore simbolico e culturale, era stata messa in vendita nell’estate del 2016, rischiava di essere demolita per fare spazio a nuovi immobili. Vi è stata una forte mobilitazione e una petizione ha sensibilizzato il Governo tedesco che, con grande soddisfazione, come ha dichiarato il Ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, ha acquistato la famosa “Casa bianca dell’esilio”. Questo immobile farà parte di un progetto culturale tedesco negli Stati Uniti, già avviato in precedenza con l’acquisto di Villa Aurora, la casa dello scrittore tedesco Lion Feuchtwanger, anche lui in esilio negli anni della Germania nazista.

 

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