Un’estate in compagnia di Elizabeth von Arnim

Ho viaggiato tanto questa estate. Sono stata in Svizzera, in Polonia, a Berlino, in Liguria. Sono stati viaggi intensi, in compagnia di stupende figure femminili, complicate, ironiche, fragili, determinate.

ChiamatemiElizabeth_VitaeoperediElizabethvonArnim-500x500Ho viaggiato tanto e con la fantasia, leggendo libri di e su Elizabeth von Arnim, che mi hanno condotta alla scoperta di una scrittrice forte e delicata, intuitiva e indagatrice dell’animo femminile, «la donna più intelligente della sua epoca», così l’ha definita H.G.Wells. Come spiega Carmela Giustiniani nella biografia Chiamatemi Elizabeth. Vita e opere di Elizabeth von Arnim, pubblicata dalla casa editrice flower-ed, la scrittrice «a volte sfoggia un raffinato cinismo che colpisce nel segno, a volte invece mantiene un tocco lieve e un sorriso, un po’ cinico o malinconico, ma immancabile. Spesso a torto considerata una scrittrice “leggera”, quasi da “ombrellone”, rivela al contrario in ogni suo libro una spiccata profondità, magari non visibile a una lettura superficiale ma evidente a un occhio attento. Poi  è nata in Australia,   cresciuta in Inghilterra, vissuta in Germania, Svizzera e Francia e morta negli Stati Uniti,  e questa sua transnazionalità la rende doppiamente e  difficilmente classificabile».

Ho iniziato questo mio percorso leggendo Il giardino di Elizabeth, il suo primo romanzo, pubblicato anonimo nel 1898 che haScrittrici_in_giardino ottenuto da subito un grande successo. Elizabeth abbandona la caotica Berlino per trasferirsi a Nassenheide (allora Prussia, oggi Rzędziny, Polonia). Qui, nella pace del luogo, Elizabeth si dedica alla maternità, alla cura di fiori e piante, legge, sogna, si dedica alla scrittura.

Qualche mese fa avevo letto il volume Scrittrici in Giardino di Adele Cavalli e ho riletto con grande piacere le sue pagine dedicate al giardino di Elizabeth (il cui vero nome è Mary Annette Beauchamp): «Sono i profumi della terra e dell’erba a portare alla coscienza di Mary Annette ricordi lontani, legati alla sua infanzia e sono proprio questi ricordi intensi che riaffiorano in una giornata particolare a contatto di una natura particolare, che le fanno capire che il tempo è arrivato: ora deve e può cominciare un nuovo cammino, quello verso se stessa, in un territorio vastoElizabeth_von_Arnim_Monument_in_Buk, incontaminato che può accoglierla e farle assaporare quel senso di libertà totale di cui ha bisogno. Ed è proprio qui, in mezzo a questa natura rigogliosa e selvaggia, che questo è possibile per lei, che afferma con convinzione: “qui è stato l’inizio della vita reale”.[…] Per sei mesi rimane in questo luogo, per lei perfetto, senza il marito che ritorna ai suoi impegni; insieme ai cinque figli, quattro femmine e un maschio, alla servitù, mentre gli operai si dedicano agli interventi sulla casa. Come istitutore dei figli c’è lo scrittore inglese E.M. Foster, autore di Camera con vista, Passaggio in India, Casa Howard, che nelle sue opere si è ispirato proprio a Mary per alcuni dei suoi personaggi femminili».

Del giardino e della casa di Elizabeth von Arnim non è rimasto più nulla. Durante la seconda guerra mondiale è andato tutto distrutto con i bombardamenti. La cittadina ricorda però ogni anno la scrittrice con attività letterarie e incontri culturali. Una statua è stata eretta nei luoghi dove Elizabeth viveva e ogni anno si svolge il Festival delle rose che è stato istituito per renderle omaggio (la scorsa edizione si è svolta a giugno a Dobra, nei pressi di Stettino, pochi chilometri da Rzędziny).

Come scrive Elizabeth in quel giardino è iniziata la vita vera, con i dolori e le difficoltà che la realtà storica degli anni a venire imposero. I lavori che seguirono sono fortemente segnati dalle perdite che Elizabeth ha dovuto affrontare. Mi riferisco in particolare ai romanzi La storia di Christine (ambientato nella Berlino del 1914)Uno chalet tutto per me (ambientato in Svizzera, nell’estate 1919)  in cui il dramma della Prima Guerra Mondiale ha lacerato la vita, colpendo gli affetti e distruggendo la quotidianità. L’apparente leggerezza cede il passo ad atmosfere malinconiche ma il romanzo Uno chalet tutto per me scritto sotto forma di diario, «fu per Elizabeth ancor più terapeutico per elaborare i numerosi lutti accumulati durante gli anni della guerra di quanto lo fosse stato il drammatico Christine» (cit. da Chiamatemi Elizabeth).

Qualche anno dopo, nella primavera del 1921, come racconta Carmela Giustiniani, «Elizabeth trascorse un periodo di vacanza nel delizioso Castello Brown di Portofino, in Italia, che era stato dato in affitto dal proprietario. Il soggiorno lì con alcune amiche, arricchito dall’affetto di diversi vicini inglesi e di numerosi ammiratori delle sue opere, fu di ristoro al suo spirito e d’ispirazione per quello che oggi è il suo romanzo più amato e universalmente letto, cioè The Enchanted April (Un incantevole Aprile)». 

Con la lettura di questo bel volume, «un inno spensierato al coraggio di cambiare vita. Una strepitosa storia di vagabondaggi e seduzioni» ho concluso questo mio primo viaggio in compagnia di Elizabeth. Ma ne seguiranno di certo altri,  per esempio, lo so già, l’estate prossima leggerò il suo libro Un’estate da sola (1899). 

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