Walter Benjamin, critico, filosofo, scrittore, traduttore, uno dei maggiori esponenti della Cultura del Novecento, nacque a Berlino nel 1892. Trascorse l’infanzia e la giovinezza in Germania ma con l’ascesa del Nazismo fu costretto a lasciarla, trovando rifugio a Parigi. Dedicò ai luoghi di origine la raccolta Infanzia berlinese, unico scritto autobiografico, la cui stesura avvenne fra il 1932 e il 1938 e che il pensatore definì una “storia originaria del secolo XIX specchiata nello sguardo del bambino che gioca alla sua soglia”.
Fra i vari scritti che costituiscono questo lavoro vi è anche il racconto Un Angelo di Natale, recentemente proposto in Italia dalla casa editrice Il Melangolo, che ogni anno, in questo periodo in particolare, mi sorprende con preziose pubblicazioni (ricorderete per esempio il post dedicato al volume Fiaba per il Natale);
la traduzione è a cura di Selena Pastorino, l’immagine proposta in copertina è il quadro “Glade Jul” del pittore danese Viggo Johansen, noto soprattutto per la sua pittura di interni con toni romantici. Il risultato è uno splendido libricino, arricchito dal testo tedesco a fronte;
Sinossi – In questo breve racconto, i temi benjaminiani della povertà, della gloria, dell’angelo, dell’ora della storia, sono sintetizzati nell’attesa della notte di Natale vissuta da un bambino: «Nessuna festività in più tarda età conosce quest’ora che vibra come una freccia nel cuore della giornata». Benjamin descrive, come in una fiaba, la sua meraviglia di bambino di fronte l’albero di Natale acquistato dalla madre, che presto, illuminato da candele, entra nella sua dimensione di gloria. É in questa cornice che appare, per sparire immediatamente, l’Angelo del Natale, una “strana presenza nella stanza” appena percepita, una figura che richiama l’Angelo della storia e la dimensione messianica di Cristo nella forma di una filastrocca che affiora sulle labbra di Benjamin bambino: “Il giorno della sua nascita – Torna il Cristo Bambino – Giù in basso in terra – In mezzo a noi uomini”. Un testo che è al contempo una toccante fiaba di Natale e un riflessione fiabesca di uno dei più grandi filosofi del Novecento.