Questa è New York, «ad appena mezzo metro di distanza»

Se non ci fosse la pandemia, forse non si farebbe tanto caso all’espressione «ad appena mezzo metro di distanza» che ricorre più volte in questo breve testo di E.B. White, scritto nel 1948 per la rivista «Holiday». Già nel 1949, ad un anno dalla pubblicazione, l’autore si accorge che il suo articolo non è più attuale. New York viaggia ad una tale velocità che nel giro di un anno i luoghi citati si sono già trasformati o annientati.

13763664_4701386Lo scrittore assegna allora al lettore il compito di scovare le differenze, non potendo egli rincorrere un aggiornamento impossibile.

La lettura di Questa è New York, un piccolo ma grande libro pubblicato da Garzanti, induce tante riflessioni e provoca non pochi brividi. Dalla stesura di questo testo, è inutile ricordarlo, tanto è avvenuto a New York e alcune affermazioni di E.B. White si rivelano sorprendenti, quasi profetiche.

La lettura di questo volumetto suggerisce di praticare il seguente esercizio: calarsi nella New York di E.B. White per scoprire che le sue parole di ieri anticipano, a volte anche per contrasto, i fatti del suo domani; lo spirito di New York rimane, seppur travolto e sconvolto dai fatti del mondo.

Nelle prime pagine White scrive che la città «ha il bavero impregnato dell’incancellabile odore del suo lungo passato, cosicché indipendentemente da dove ci si trovi, a New York, si sentono le vibrazioni di momenti storici e di imprese incredibili, di gente, situazioni e iniziative originali». A New York tutto sembra realizzabile, a portata di mano, a distanza ravvicinata. Ad appena mezzo metro di distanza, seduto solo nei locali, lo scrittore entra nella vita degli altri abbattendo tutte le barriere, «quel mezzo metro era al tempo stesso la prossimità e la distanza che New York permette ai suoi abitanti. Ma la città «mescola il dono della privacy con l’euforia della partecipazione e riesce assai meglio della maggior parte delle comunità così affollate a isolare l’individuo […] contro tutti gli eventi enormi, violenti, meravigliosi che si verificano in quel momento». E.B. White di certo, nel81C+lpg26mL 1948, non poteva immaginare che l’11 Settembre avrebbe smentito queste sue parole, coinvolgendo e sconvolgendo tutti i suoi abitanti. O forse sì, perché sul finale di questo suo articolo su New York, lo scrittore ci sorprende con queste affermazioni: «La trasformazione più sottile di New York è qualcosa di cui nessuno parla mai, ma cui tutti quanti pensano. La città per la prima volta nella sua lunga storia, è distruttibile. Una singola flotta aerea non più grande di uno stormo di oche può mettere rapidamente fine alla fantasia di quest’isola, bruciare le torri, frantumare i ponti, trasformare le metropolitane in camere a gas, cremare milioni di persone. Il presagio della sua natura mortale è insito nella New York di oggi: è nel rumore dei jet che ci sorvolano, è nelle testate listate a lutto dell’ultima edizione straordinaria. Tutti i cittadini sono costretti convivere con la realtà incontrovertibile dell’annientamento. Per New York si tratta di un dato ancora più violento per via della concentrazione della città stessa e perché, tra tutti i possibili bersagli, New York ha una netta priorità. Nella mente di un qualunque perverso sognatore che voglia lanciare l’attacco, New York deve esercitare un fascino costante, irresistibile». Queste parole di White colpiscono profondamente il lettore che poi è invitato a riflettere sull’anno di redazione. Era il 1948. Era appena terminato il secondo conflitto mondiale, le bombe atomiche erano state lanciate, tutto quanto egli descrive era già accaduto. Semplicemente non era accaduto negli Stati Uniti. Eppure come risuonano forti queste sue parole, ora che l’11 Settembre è Storia, una pagina triste e dura della Storia contemporanea.

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