Come ben evidenzia Gianandrea Gavazzeni nella prefazione alla nuova edizione del volume Note su Chopin di André Gide (Passigli Editore, traduzione dal francese di Gianni Ferro), l’Autore e Premio Nobel per la Letteratura era un grande appassionato di musica e amava in particolare il pianoforte, lo strumento che nel corso della giovinezza aveva studiato con costanza e serietà. Nell’età adulta egli addirittura si lamentò spesso della sfortunata scelta dei maestri che, nonostante la forte vocazione, gli aveva precluso la possibilità di diventare un affermato pianista. La musica trova quindi posto e spazio nella sua scrittura tanto che letteratura e musica, in Gide, si intersecano e si intrecciano continuamente, cosa di cui è necessario essere consapevoli per
giungere alla piena comprensione dell’opera gidiana. Lo scrittore era solito dedicare diverse ore del mattino al pianoforte, «con insistenza sulle medesime musiche, come esercizio per iniziare la giornata; la musica e il pianoforte quale stimolo intellettuale» e per lui l’artista perfetto è proprio Chopin, che non riveste di note la sua emozione ma, al contrario, riveste di emozione e quasi di responsabilità ogni nota. Eppure, afferma Gide nel suo scritto, Chopin è uno degli artisti più snaturati e traditi, in modo profondo, intimo, totale. Secondo Gide bisogna proporre la musica di Chopin «senza quella insopportabile sicurezza del virtuoso» perché il compositore, con le sue opere, «propone, suppone, insinua, seduce, persuade; quasi mai afferma». Il virtuoso possiede invece per Gide quella «insopportabile padronanza» (l’aggettivo ricorre spesso nel testo) che non preserva e conserva l’emozione della scoperta della musica di Chopin, garantita solo dalla gradualità. E così in queste sue Note Gide si scaglia più volte e con fermezza contro gli esecutori la cui eccessiva velocità è diventata ormai una tradizione, quanto mai inadatta ad avvicinarci al prediletto compositore. Il volume include anche alcuni brani tratti dal Diario dello scrittore, in cui leggiamo preziose annotazioni musicali scritte tra il 1893 e il 1939 e fra queste pagine emergono riflessioni e considerazioni, anche definitive, sul suo rapporto con la musica e con Chopin in particolare: «La musica sfugge al mondo della materia e ci permette di sfuggirne» e, quella di Chopin, «è la più pura delle musiche».
L’articolo è stato pubblicato anche sul settimanale Il Piccolo di Cremona (edizione del 5 marzo 2022).