Nel luglio del 1939 Henry Miller raggiunge il proprio amico Lawrence Durrell in Grecia dove decide di stabilirsi per qualche mese. Questa esperienza è alla base di un libro milleriano particolarmente ricco di suggestioni in cui lo scrittore racconta il suo viaggio; ne Il colosso di Marussi pubblicato nel 1941, ci sono infatti magnifiche pagine dedicate alla scoperta di questo paese di cui scrive: «E’ come ti aspetti che appaia la terra se le viene data una buona possibilità. E’ la soglia subliminale dell’innocenza[…] Non è misteriosa o impenetrabile, non imponente, non insolente, non pretenziosa. E’ fatta di terra, aria, fuoco, acqua. Cambia stagionalmente con armoniosi ritmi ondulanti. Respira, segnala, accenna, risponde».
Durante il suo soggiorno greco riesce ad esaudire un sogno di vent’anni, visitare Cnosso, a Creta. Raggiunge l’isola in aeroplano e atterra ad Iraklion, la città principale di cui Miller non è pienamente soddisfatto; alla prima impressione non gli piace molto e definisce la via principale «quasi il facsimile di un’inquadratura di un film occidentale di terz’ordine»; con il tempo è la periferia della città ad affascinarlo e fra le suggestioni di una sua passeggiata leggiamo: «In Grecia i cambiamenti sono bruschi, quasi dolorosi. In certi luoghi si possono percorrere tutti i cambiamenti di cinquanta secoli nello spazio di cinque minuti. Tutto è delineato, scolpito, inciso. Anche i terreni hanno un’impronta eterna. Vedi ogni cosa nella sua unicità […] Il più vecchio edificio di Iraklio sopravviverà all’edificio più nuovo d’America. Gli organismi muoiono; la cellula continua a vivere. La vita è alle radici, racchiusa nella semplicità, affermantesi in modo unico». Miller descrive i suoi incontri con la gente e le autorità del luogo da cui viene accolto con grande calore perché è un americano di New York a cui piace mangiare e bere; ma le due esperienze a Creta che lasciano veramente il segno nello scrittore, incantandolo e completandolo, sono le visite a Cnosso e Festo. Di Cnosso che è dunque un sogno che si realizza, Miller scrive: «in tutte le sue manifestazioni suggerisce lo splendore, il buonsenso, l’opulenza di un popolo potente e pacifico […] Si sente l’influenza dell’Egitto, la casalinga immediatezza umana del mondo etrusco, il saggio spirito di organizzazione comunitaria del tempo degli inca. Non pretendo di sapere, ma sentii, come di rado ho sentito davanti alle rovine del passato, che qui per lunghi secoli regnò un’era di pace […] Cnosso era terrrestre nel senso migliore del termine». Andando alla scoperta di Creta, allontanandosi dalla città, si accorge che non è il deserto che aveva immaginato prima di arrivare e dedica all’isola queste parole: «Creta è una culla, uno strumento, una vibrante provetta in cui è stato eseguito un esperimento vulcanico. Creta può calmare la mente, sopire il gorgoglìo del pensiero. Desideravo da tanto tempo e così ardentemente di vedere Creta, di toccare il suolo di Cnosso, di guardare un affresco sbiadito, di camminare dove “loro” avevano camminato. Avevo lasciato la mente indugiare su Cnosso senza abbracciare il resto del paese. Di là da Cnosso la mia mente raffigurava soltanto un grande deserto australiano […] Rientrai nella mia camera risoluto a tuffarmi nel grande spazio ignoto che chiamiamo Creta, regno anticamente di Minosse, figlio di Zeus, del quale Creta fu luogo natale […] Quella che era stata luogo natale del massimo degli dèi, quella che era stata culla e madre e ispirazione del mondo ellenico, fu infine annessa e non molto tempo fa alla Grecia». Del suo avvicinarsi a Festo, Miller scrive: «Pietra e cielo si sposano qui. E’ l’alba perpetua del risveglio dell’uomo […] Ero ben conscio, ed è stata una delle poche volte della mia vita, di essere sull’orlo di una grande esperienza. E non soltanto conscio ma grato, grato di essere vivo, grato di avere occhi, di essere in buona salute, di essermi rotolato nella fogna, di aver sofferto la fame, di essere stato umiliato, di aver fatto tutto quello che avevo fatto, dato che alla fine tutto culminava in questo momento di beatitudine». Durante la visita lo scrittore percepisce Festo come roccaforte femminile della famiglia Minosse e dimora delle regine sino a scrivere: «Festo contiene tutti gli elementi del cuore: è femminile da cima a fondo […] ci sono esperienze così meravigliose, così eccezionali, che l’idea di prolungarle sembra la forma più bassa di ingratitudine. Se non partivo adesso sarei rimasto per sempre, voltando le spalle al mondo, rinunciando a tutto».
Nonostante i decenni trascorsi da allora, le pagine di Miller conservano lo stupore e l’incanto che ancora oggi le rovine di Cnosso e Festo possono trasmettere. Andare alla scoperta di Creta accompagnati dalle parole di Miller è un modo per coglierla in maniera più profonda e completa; le prerogative paesaggistiche dell’isola non sono il suo unico fascino, le pagine dedicate a Creta ci invitano a riflettere sulla sua grandezza e durante il nostro soggiorno a richiamarne il potente spirito del passato.
Le citazioni sono tratte da Henry Miller, Il colosso di Marussi, Adelphi, 2000 (traduzione di Franco Salvatorelli). La parte dedicata all’isola di Creta: pp. 113-170.
Povero Miller! Non si puo’ proprio dire che abbia capito molto. Non c’e’ peggior viaggiatore di chi arriva con un’idea in tasca. Grazie cmq per il post.
Sono stata a creta, ho visitato iraklion e cnosso, che è un sito archeologico davvero stupendo :-), peccato nn aver avuto il volume di Miller con me, il viaggio sarebbe stato ancora più ricco!! Un saluto e a presto! 🙂