Viaggio nella scrittura femminile. Intervista a Mara Barbuni

Le case di Jane Austen è il nuovo libro di Mara Barbuni, un importante e interessante contributo per i tanti appassionati lettori della scrittrice inglese, proprio nell’anno in cui si celebra il bicentenario della sua morte. Mara Barbuni è nata a Venezia e, dopo un lungo periodo trascorso a Berlino, adesso vive e lavora in Svizzera. È traduttrice, scrittrice, blogger, con un’intensa e sorprendente attività. Vi invitiamo a seguire il suo blog dedicato alla letteratura, Ipsa Legit, di cui vi proponiamo qui in fondo il link.

Siamo dunque particolarmente lieti di averla oggi con noi e di poter raccontare insieme a lei parte del suo percorso.

le_case_di_jane_austenÈ in uscita per la casa editrice flower-ed il tuo volume Le case di Jane Austen, ci puoi anticipare i contenuti del libro? Innanzitutto, grazie per l’ospitalità in questo vostro spazio. Il saggio Le case di Jane Austen, in uscita il 30 gennaio, è un percorso di lettura che tenta di esplorare e descrivere i tanti significati del contesto domestico nelle opere di Jane Austen. Se la parte iniziale è dedicata al Chawton Cottage, l’ultima casa di Austen (dove rielaborò o scrisse interamente le opere che tutti conosciamo), i capitoli successivi sono intitolati alle grandi dimore che fanno da sfondo ai suoi sei romanzi canonici: Northanger Abbey, Norland (Ragione e sentimento), Pemberley (Orgoglio e pregiudizio), Mansfield Park, Kellynch Hall (Persuasione) e Donwell Abbey (Emma). Osservando con attenzione la struttura interna ed esterna di queste case, la loro storia e il loro arredamento, è possibile prendere coscienza della loro portata etica, economica e sociale – oltre che narrativa – arrivando a comprendere che i romanzi di Jane Austen sono ben altro che semplici storie d’amore.

Recentemente hai pubblicato anche Sui passi di Elizabeth Gaskell (Jo March 2016) e Elizabeth Gaskell 81pf4gdijkle la casa vittoriana (flower-ed 2016), lavori che rivelano il tuo interesse per la scrittura femminile del primo Ottocento e di età vittoriana. Come e quando nasce questa passione? Sia per la tesi di laurea che per il dottorato in anglistica mi sono dedicata alla scrittura femminile, che, credo, ha ancora bisogno di essere studiata, compresa, diffusa, soprattutto evitando i luoghi comuni che tutt’oggi la identificano come “scrittura per donne”. In generale, credo che la grandezza di certa letteratura femminile non dovrebbe conoscere definizioni, né essere incasellata, né soffrire limiti: è giusto anzi che si tenti di renderla sempre più accessibile e fruibile, per tutti. L’Ottocento inglese, invece, è stato un ambito particolarmente interessante sin dai miei primi anni di studio (o addirittura sin dalle mie prime letture!), per via delle sue stridenti contraddizioni tra libertà e coercizione, tra tradizione e progresso, tra glorie e miseria umana.

coverDi Elizabeth Gaskell ti sei occupata molto. Le hai dedicato diversi saggi e hai reso accessibile ai lettori italiani molte delle sue opere traducendo racconti e romanzi (Cogliamo l’occasione per segnalare anche il tuo sito “Elizabeth Gaskell“). Qual è stato il primo libro di Elizabeth Gaskell che hai letto e a quale sua opera sei particolarmente legata? A Elizabeth Gaskell ho dedicato la tesi di laurea, nel 2005. Il primo suo libro che ho letto è stato North and South (Nord e Sud), all’epoca non ancora tradotto in italiano, ma il romanzo su cui ho concentrato il mio lavoro di tesi, e che in seguito è stata la prima opera di Gaskell che ho tradotto, è Sylvia’s Lovers (pubblicato in italiano da Jo March nel 2014 con il titolo Gli innamorati di Sylvia). Questo romanzo è un esempio straordinario della grande narrativa inglese del diciannovesimo secolo, e credo dovrebbe entrare di diritto nel novero dei “classici immortali”. L’intreccio amoroso, in realtà, è leggerissimo in confronto alla potenza dell’affresco storico-sociale che Gaskell ci regala: in primo luogo il racconto epico dei marinai impegnati nella caccia alle balene; poi la storia di un popolo in guerra, in cui l’individuo è costretto a difendersi dallo Stato e in cui la legge sembra proteggere solo i più forti; e d’altro canto l’analisi della maturazione di due anime destinate alla sofferenza, che non riescono a comprendersi reciprocamente, né a scegliere il Bene. Gli innamorati di Sylvia è il romanzo a cui, per queste ragioni, sono necessariamente più legata, anche se ritengo che l’ultima opera di Elizabeth Gaskell, Wives and Daughters (Mogli e figlie, che ho tradotto per Jo March nel 2015) sia il suo capolavoro stilistico.

Hai contribuito a fondare “JASIT“, la Jane Austen Society of Italy; sei la direttrice della rivista letteraria dell’associazione, Due pollici d’avorio. Fra i vari impegni sono previsti anche alcuni incontri letterari proprio su Jane Austen ed Elizabeth Gaskell. Ci puoi parlare di questi prossimi appuntamenti? Nel 2017 si ricordano i duecento anni dalla morte di Jane Austen. In tutto il mondo gli ammiratori delle sue opere e le associazioni a lei dedicate celebrano questa ricorrenza, e la Jane Austen Society of Italy ha pensato di contribuire organizzando un “giro d’Italia” per portare i romanzi di Austen fra i lettori. Le date già fissate dei nostri incontri si possono trovare nel nostro sito, qui: http://www.jasit.it/anteprima-appuntamenti-jasit-per-il-2017/ Per quanto mi riguarda, aprirò questo nostro Jane Austen Grand Tour il prossimo 4 febbraio con un incontro (a Padova) dedicato in particolare al romanzo Emma e sarò poi a Milano, il 13 maggio, insieme alla Presidente della nostra associazione, per parlare di Persuasione. Il 3 febbraio, invece, in provincia di Venezia, presenterò il mio libro Sui passi di Elizabeth Gaskell; dell’autrice e della sua opera nel complesso parlerò anche nell’incontro «Storie di Elizabeth Gaskell» previsto a Reggio Emilia il 9 aprile. Invito a seguire la mia pagina Facebook Leggere Elizabeth Gaskell per restare aggiornati sulle date e i luoghi degli appuntamenti dedicati a questa autrice.

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Come dicevamo all’inizio, hai vissuto a lungo a Berlino e adesso vivi e lavori in Svizzera, hai inoltre viaggiato molto per l’Inghilterra. Se dovessi descrivere queste esperienze di vita e di viaggio abbinando a ogni luogo un libro, quali titoli sceglieresti? La domanda è molto suggestiva. A Berlino non saprei associare un libro “definitivo”: il primo pensiero andrebbe a Il cielo diviso di Christa Wolf, ma non mi sentirei di accostare alla città una sola opera di letteratura. Berlino, infatti, non è solo l’impronta della guerra e il ricordo – sempre vivo – del Muro, ma è anche la scenografia di concerti di musica classica all’aperto, la sede di pinacoteche e di musei straordinari, nonché un paradiso verde in cui, specie d’estate, sembra di vivere in una sorta di fiaba. La capitale tedesca, insomma, è un mondo a parte, fatto di infiniti strati e di sfumature, quasi inafferrabile nella sua coesione di tante diversità.

Alla Svizzera si possono abbinare diversi titoli: quelli che mi sono più cari sono Roderick Hudson di Henry James e la seconda parte di Piccole donne. Di questo Paese così particolare, poi, ho di recente conosciuto l’importante ruolo svolto nella storia del turismo ottocentesco: un libro interessantissimo per conoscere questo risvolto poco noto è Slow Train to Switzerland di Diccon Bewes, che in queste pagine racconta il proprio viaggio in treno su e giù per la Svizzera, seguendo lo stesso percorso compiuto da un gruppo di turisti inglesi nel 1863. Da questo libro ho imparato che nel diciannovesimo secolo inglesi e americani fecero della Svizzera una sorta di “parco dei divertimenti” e vi accorsero in massa, dando una spinta impressionante all’economia del paese, nel quale iniziarono a sorgere a una velocità incredibile hotel, negozi, punti di ristoro, e, appunto, linee ferroviarie. In effetti, la lista degli scrittori e degli artisti di lingua inglese che fecero tappa qui nel diciottesimo e diciannovesimo secolo sembra non finire mai: solo per fare qualche nome, Mary Wollstonecraft, gli Shelley, Byron, Turner, Dickens, Twain, Gaskell, James, Ruskin, George Eliot, Christina Rossetti, Pater, Hardy, Browning, Conrad.

Per quanto riguarda l’Inghilterra, sono tantissime le opere di letteratura che la raccontano e la rappresentano, non solo nel suo volto geografico, ma anche nella sua identità culturale, storica e di nazione. I primi titoli a cui penso in questo momento sono Ore inglesi di Henry James, le monumentali opere di Dickens, i grandi romanzi della stessa Elizabeth Gaskell, Peter Pan, certi racconti di Conan Doyle e i gialli di Agatha Christie, Il ritorno del soldato di Rebecca West, Cuore di tenebra di Conrad, Ritorno a Brideshead di Waugh, alcune pagine di Virginia Woolf, La donna del tenente francese di Fowles, Racconti londinesi di Doris Lessing, e – consigliatissimo La società letteraria di Guernsey di Mary Ann Shaeffer.

Ringraziamo di cuore Mara Barbuni e vi invitiamo a seguire il suo blog Ipsa Legit

 

 

 

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