«Un paese è ciò che siamo nel momento in cui lo visitiamo», così leggevo sulla quarta di copertina di un libro che stavo meditando di acquistare. Mi trovavo istintivamente d’accordo e mi tornavano in mente Seneca e la sua esortazione a cambiare l’anima e non il cielo. Ma è con la lettura delle prime pagine di Viaggi e viaggetti. Finché il tuo cuore non è contento di Sandro Veronesi (Bompiani, 2013) che ho avvertito la necessità di modificare l’affermazione: «un paese è ciò di cui sentiamo il bisogno nel momento in cui lo visitiamo».
E’ durante il viaggiare che facciamo scorta di stimoli, ispirazione ed entusiasmo, una riserva di emozioni e sensazioni a cui poter attingere durante e dopo il viaggio. Accade proprio questo a Sandro Veronesi che in un momento di grande tristezza in seguito alla perdita della madre, trova conforto in un viaggio in Perù: «Fino a ieri, in realtà, l’idea stessa che gli altri potessero ancora parlare con la propria madre tanto facilmente, mentre io non potrò farlo mai più, mi suonava oltraggiosa. Ma forse quell’energia di cui parlavo – l’essersi staccati dal vuoto e messi in viaggio, e aver trovato un luogo remoto e familiare di cui godere, e un cibo così buono con cui soddisfare l’appetito – ha cominciato sul serio a produrre effetto, e ora l’idea che la maggior parte delle persone che conosco abbia ancora una madre, anziché intristirmi mi commuove». Lo stile di Sandro Veronesi è accessibile, la scrittura dinamica rende rapida e piacevole la lettura. Il suo modo di viaggiare varia a seconda della compagnia, dei motivi del viaggio e delle destinazioni. Seppur laureato in architettura, e si percepisce dalle scrupolose osservazioni sui grattacieli, è il suo essere scrittore che emerge ad ogni viaggio importante: trasmette con immediata naturalezza le emozioni provate nel visitare Lima, la città in cui Mario Vargas Llosa ha ambientato tanti romanzi, o la città di Key West in cui oggi su può visitare la casa museo di Ernest Hemingway che Veronesi descrive così: «quadrata, solida, portico su tutto il perimetro del piano nobile, è veramente un monumento alla letteratura – fa venir voglia di fare lo scrittore». Visitando le città, ripercorre gli itinerari che rievocano romanzi e autori, ci racconta la Lisbona di Antonio Tabucchi, la Parigi di Henry Miller ai tempi di Tropico del Cancro; ad Amsterdam cena nel Bistrot prediletto da Alberto Moravia. Non tutti i racconti di viaggio mantengono lo stesso tono e la stessa intensità; questo dipende dal suo stato d’animo e se di quel viaggio e di quel paese sente davvero bisogno in quel preciso momento. A volte i viaggi di Veronesi sono frutto di immaginazione, come avviene con quello in Messico descritto al termine del volume, con cui fra l’altro conclude la carrellata di luoghi e racconti utilizzando queste parole:« stupito, ispirato, ci sono, e sento per un breve istante che tutto è rivelato, tutto è chiaro e in equilibrio, dentro e fuori di me».